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The Benini Studio
& Sculpture Ranch
377 Shiloh Road
Johnson City, Texas USA 78636

830-868-5244 Studios Building
830-868-5224 Studios Building
www.Benini.com



 

Benini 

Benini a fianco di una sua recente opera 

Big country dream

14 settembre 2007 | 07:30

Benini: "da Imola all'Universo"

Dai profumi della cartoleria Marondoli al ranch del Texas "dove le stelle brillano di più". Ricordi, pensieri e opere di un artista americano nato sul Santerno.

Ormai l’Italia e Imola sono alle spalle. Dopo un viaggio lungo una vita, ha deciso di fermarsi in Texas, in un ranch sulle colline a poche miglia da Johnson City, tra Austin e Sant’Antonio. Il suo mestiere è una vocazione: dipinge  e realizza sculture. Nel ranch, che fu di proprietà del presidente Lyndon B. Johnson, ha realizzato un parco di 140 acri costellato di sculture di amici e artisti stimati. Qui ha costruito il suo studio e vive con la moglie Lorraine dal 1999. Oggi è una fondazione, dove  - afferma con orgoglio – “le stelle brillano di più. Mi sono fermato in questo paradiso e da qui non mi muovo se non per accompagnare le mie mostre”. Ora si fa chiamare solo Benini e, dopo essere stato l'artista delle rose, dipinge opere che appaiono tridimensionali.  Il suo italiano è segnato inesorabilmente dall’accento americano. Classe 1941, di origine imolese, alcuni dei suoi quadri sono conservati nelle collezioni di decine di musei internazionali, tra cui anche alcune collezioni italiane importanti come il Castello di Rivoli di Torino. L’Italia l’ha lasciata agli inizi degli anni Settanta. Tuttavia non sembra rimpiangerla affatto: “La sola idea di atterrare in Italia mi fa rabbrividire. – spiega con distacco - E’ un paese così retrogrado”. Ha vissuto la sua vita intensamente come un’avventura alla Kerouac dove si susseguono incontri con personaggi importanti: dai protagonisti dei movimenti artistici della Pop art e dell’Arte povera italiana a politici di rilievo internazionale come Bill e Hillary Clinton. Nonostante tutto tracce di sangue romagnolo emergono dal fondo dell’inconscio, ma solo a brevi tratti, in alcune parole di dialetto schietto pronunciate in mezzo ad un discorso in

Come ricorda  Imola? 
“Le prime memorie di Imola risalgono alla seconda guerra mondiale il freddo le paure e il grigio delle uniformi tedesche e poi l’asilo del Sacro Cuore, il profumo della cartoleria Marondoli e la ceramica. Una volta partito, sono tornato a Imola qualche volta, negli anni Cinquanta per visitare  i parenti  e  sono sempre rimasto sorpreso dalla crescita della vecchia ‘Iomla’.
Dopo una serie di mostre - anche importanti - ha lasciato l'Italia, per quale motivo?
“La mia curiosità mi spinse a lasciare una vita prevedibile in Italia per le avventure senza limiti che il mondo sconosciuto mi poteva fornire. Come pittore italiano all’estero sono stato sempre benvenuto, prima in Europa poi negli Stati Uniti”.
Quali sono i grossi personaggi incontrati nella sua carriera?
“Dopo i primi incontri a Milano e Torino con i maestri dell’arte povera alla fine degli anni Cinquanta mi trovai in Inghilterra, Francia e Germania dove altre tendenze si stavano sviluppando. Mi resi conto allora che l’unica direzione del mio pellegrinaggio nell’arte puntava all’interiore del mio essere. Questo viaggio di scoperta mi ha portato a conoscere un numero enorme di personaggi famosi e interessanti”.
Ha conosciuto Leo Castelli, il più importante dei mecenati dell’arte del Novecento. E’ stato determinante per la sua carriera?
“Conobbi Castelli a New York. Era il 1965 proprio quando dopo l’Espressionismo Astratto, lui stava introducendo i nomi nuovi della Pop art. Nonostante non avesse interesse ai miei lavori (di un realismo sociale a quel tempo) mi spiegò che il suo criterio di scelta era la novità del soggetto e della tecnica. Fu dopo questo incontro che cominciai a dipingere le “super rose” che mi tennero occupato fino al 1986, anno in cui diventai cittadino americano”.
Come e quando è nato il suo interesse per le forme geometriche?
“Quando mi accorsi che mi catalogavano come il pittore delle rose, le abbandonai di colpo e mi inoltrai nel campo più rigoroso e meno ammiccante della geometria e dell’illusione della tridimensionalità”.
Come è avvenuto il suo incontro con la famiglia Clinton?
“In questo periodo lasciai la Florida e mi trasferii ad Hot Spring, una città termale nel Parco Nazionale, dove Bill Clinton era cresciuto. Sua madre appassionata dell’arte diventò una nostra amica. Ogni mese veniva a casa nostra a mangiare le lasagne cucinate da Lorraine. Bill e Hillary poi si trasferirono a Washington, come si sa. E il resto è storia. Hillary ha comunque un’intelligenza,  una forza emotiva e morale che forse sorpassa Bill”.
Nei suoi ultimi lavori sembra emergere una personalissima spiritualità ... mi sbaglio?
“Ho continuato ad esplorare l’ignoto dalla cima della nostra collina nel mezzo del Texas, dove di notte le stelle brillano in modo straordinario con un continuo invito alla ricerca. La serie che ho cominciato con la tela ‘Corteggiando il Kaos’ si è trasformata nei volti di Dio. Questi lavori non hanno ambizioni religiose. Il concetto di un Dio utile è arcaico e assurdo. Questi quadri probabilmente riflettono il mio interesse per l’ignoto che continua ad affascinarmi. In un certo senso la mia è stata una vita da ‘Imola all’Universo’. 

Stefania Mazzotti

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